IL TERRITORIO DI BOSA
Il territorio comunale di Bosa, dalla superficie di 128,02 km², si trova in una regione collinare-litoranea con altitudine media di 279,1 m s.l.m., nel contesto geografico dell’altopiano della Planargia, chiuso a sud dalla catena del Montiferru, a est dal Marghine e dalla Campeda, a ovest dal mar di Sardegna e a nord dalla dorsale dei rilievi di Sa Pittada (788 m s.l.m.) e di monte Mannu (la vetta più elevata del territorio con i suoi 802 m s.l.m.). È attraversato dal corso del Temo, l’unico fiume navigabile della Sardegna (per circa 6 km), nella cui piana alluvionale si trova adagiato il centro abitato, il quale, da un nucleo medievale posizionato sulle pendici del colle di Serravalle (81 m s.l.m.), si è esteso a partire dall’Ottocento verso valle e, dal Novecento, sino alla foce e in direzione della costa, ove si è sviluppata una stazione balneare, Bosa Marina. ll paesaggio di Bosa è caratterizzato dal corso sinuoso del Temo le cui sorgenti si trovano nel territorio più a nord. Il fiume, conosciuto fin dalla più remota antichità, ha scavato il suo corso attraversando un paesaggio naturale splendido: dai dirupi ai canyon alle pianure di agrumeti, fino ad insinuarsi nel cuore della città antica, delineandone il profilo e lo sviluppo verso il mare. Nel territorio a monte della città nidificano oltre cinquanta specie di uccelli protetti dalle norme comunitarie. La geologia del territorio è fortemente caratterizzata dal vulcanismo Miocenico; in tale contesto geologico si sono originati i calcari miocenici (tufi pomicei e calcari marnosi) che costituiscono il principale areale di coltivazione della Malvasia di Bosa Doc.
Lungo le coste bosane la natura offre i colori straordinari della macchia mediterranea e le immagini indimenticabili delle scogliere a picco sul mare.
Il territorio del comune di Bosa fu abitato già in epoca preistorica e protostorica come dimostrano le grotticelle funerarie mono o bicellulari individuate in un numero pari ad almeno trentasei. Il rilevante numero di domus de janas, testimoniano una frequentazione umana piuttosto aggregata ascrivibile all’Età del Rame o alla cultura di Ozieri e al Neolitico recente.
Poco numerose sono, invece, le testimonianze riconducibili all’Età del Bronzo e alla civiltà nuragica. A tale periodo risalgono i due nuraghi complessi siti nelle località di Monte Furru e di S’Abba Druche – ove sono stati individuati anche i resti di una tomba dei giganti e quelli dalla struttura semplice di Rocca Pischinale e di Santu Lò]. Nulla di certo si conosce dello stanziamento fenicio-punico. I Fenici dovettero usare per l’approdo la foce del fiume Temo, riparata dalle mareggiate dall’Isola Rossa, e dal maestrale dal colle di Sa Sea. Forse proprio lì, o secondo l’ipotesi maggiormente accettata nella vallata di Messerchimbe, più all’interno e sulla sponda sinistra del fiume, svilupparono un centro abitato. Qualche studioso, analizzando la conformazione del luogo, sostiene che in età cartaginese il sito urbano fosse ubicato sulla riva destra, mentre sull’altra sponda si sarebbero concentrate l’area sacra e la necropoli. In tal caso si potrebbe pensare a uno sdoppiamento e a una progressiva traslazione dell’abitato in età bizantina, con un nuovo agglomerato formatosi intorno alla cattedrale, sul sito della vecchia necropoli: nel caso di Bosa appunto a Messerchimbe, dove i dati archeologici testimoniano un centro altomedioevale, e dove sarebbe sorta in seguito la chiesa di San Pietro. Attraversata dalla strada costiera occidentale, che superava il Temo a Pont’Ezzu, Bosa era collegata direttamente a sud con Cornus (presso il comune di Cuglieri) e a nord con Carbia (Nostra Signora di Calvia, località situata alla periferia sud di Alghero). Del porto di Terridi restano ancora tracce di bitte per l’attracco delle barche.
In età romana la città, che in un primo tempo pare aver mantenuto l’ordinamento punico, con la magistratura dei suffeti, divenne, forse dalla prima età imperiale, un municipio con un proprio ordine di decurioni e un collegio di quattuorviri. In età bizantina, come si è detto, l’abitato era posto – forse – sulla riva sinistra del Temo, presso il sito della chiesa di San Pietro. La città subì per tutto il Medioevo le scorrerie degli Arabi. Tuttavia non perse la sua importanza: fu capoluogo della Curatoria di Planargia, nel Giudicato di Logudoro e sede vescovile. Con l’edificazione del castello dei Malaspina sul colle di Serravalle tra il 1112e il 1121 o, secondo i più recenti studi, nella seconda metà del XIII secolo, si pensa che la popolazione abbia cominciato gradualmente a trasferirsi nella riva destra del fiume, sulle pendici dell’altura fortificata che garantiva una maggior protezione contro le incursioni arabe, finché nella zona di Calameda non restò che la cattedrale di San Pietro. Nel 1297 il Papa Bonifacio VIII istituì il Regno di Sardegna e Corsica, che concesse al re Giacomo II di Aragona. I Malaspina, temendo l’invasione aragonese, potenziarono il castello. Una cronaca sarda del Quattrocento sostiene che nel 1317 essi lo cedettero al Giudicato di Arborea. Ad ogni modo, a seguito dell’alleanza tra l’Arborea e l’Aragona, Pietro Ortis prese possesso del castello di Bosa per conto dell’infante Alfonso d’Aragona, col consenso degli Arborensi. Nel 1328 Alfonso il Benigno, re d’Aragona, concesse in feudo il castello al giudice Ugone II di Arborea: la città e il suo territorio entrarono allora a far parte delle terre extra iudicatum dell’Arborea. Il castello di Bosa era una roccaforte di grande importanza strategica per il controllo della Sardegna, e tanto Mariano quanto Pietro IV il Cerimonioso, desiderosi di impossessarsene, cercarono di impadronirsene. Nel 1352 Mariano lo prese con la forza. Bosa fu quindi sotto il controllo dei giudici d’Arborea Ugone III (1376-1383), ed Eleonora (1383-1404), che ne fecero la loro roccaforte nella guerra contro gli Aragonesi; alle trattative di pace tra Eleonora e Giovanni I d’Aragona, il 24 gennaio 1388, la città inviò il proprio podestà con centouno rappresentanti che firmarono gli atti, separatamente dal castellano e dai funzionari e rappresentanti feudali. Poco dopo la conquista aragonese, nel 1413, Bosa e la Planargia furono unite al patrimonio regio, e alla città, furono riconosciuti privilegi e consuetudini. Nel 1527, durante la guerra tra la Francia di Francesco I e l’Impero di Carlo V, i francesi contesero alla corona di Spagna il possesso della Sardegna. Entrati a Sassari alla fine di dicembre, la saccheggiarono, incutendo terrore nelle altre città sarde. I bosani, per impedire un assalto della flotta francese, reagirono l’anno successivo ostruendo con dei massi la foce del Temo, determinando però in questo modo il rapido decadimento del porto, e l’inizio di un lungo periodo di straripamenti del Temo che resero l’ambiente malsano. La seconda metà del Cinquecento rappresentò per Bosa un’era di grandi cambiamenti anche sul piano culturale. Già dal 1569 operava, come canonico della cattedrale, Gerolamo Araolla, il maggiore poeta in lingua sarda dell’età spagnola, che a Bosa compose le sue opere. Nel 1591 fu consacrato vescovo Giovanni Francesco Fara, il padre della storiografia sarda. Durante il regno di Filippo III di Spagna (1598-1621), arrivarono a Bosa i Cappuccini, che in città edificarono il loro convento (1609). Il nuovo secolo fu però un periodo di grande decadenza, la grave inondazione del 1606, ‘epidemia di peste (1652-1656), un violento incendio (1663), la grande carestia del 1680, le continue incursioni ottomane e la forte recessione economica, vide precipitare la popolazione dai circa 9 000 abitanti del 1609 ai 4 372 del 1627, ridotti ancora a 2 023 nel 1688. Durante il regno di Carlo II di Spagna (1665-1700), il feudo della Planargia era poverissimo e spopolato, nonché caduto nel disinteresse dei suoi signori, al punto che la città di Bosa ne aveva ripreso di fatto il controllo. Nel 1700 morì Carlo II e gli successe, per disposizione testamentaria, Filippo V di Spagna (1700-1724). L’arciduca d’Austria, Carlo VI d’Asburgo, avanzò pretese sul trono, scatenando la cosiddetta Guerra di successione spagnola. Fu così che, nell’agosto del 1708, le truppe angloolandesi — alleate dell’arciduca — effettuarono una spedizione in Sardegna e, con la resa di Cagliari, Alghero e Castelsardo, posero fine al dominio iberico sull’isola. La Sardegna aveva cessato definitivamente di essere un regno in unione personale con la corona di Spagna. Passata con l’intera Sardegna agli Asburgo d’Austria nel 1714, quindi ai Savoia tra il 1718 e il 1720, la città riacquistò via via una certa importanza. La popolazione era andata in quegli anni progressivamente aumentando, tanto che dai 3 335 abitanti del 1698, si era giunti nel 1728 a 3 885, e nel 1751 a 4 609. Il 4 maggio 1807 Bosa divenne capoluogo di provincia per un decreto del re Vittorio Emanuele I e nel 1848, in seguito all’abolizione delle province, fu incluso nella divisione amministrativa di Nuoro. Nel 1859 le province furono ripristinate e Bosa entrò a far parte della Provincia di Sassari fino a quando nel 1927, istituita la Provincia di Nuoro, venne accorpata a questa. La città conobbe nell’Ottocento un incremento demografico progressivo ma lento: la popolazione passò via via dai 5 600 abitanti del 1821 ai 6 260 del 1844, ai 6 403 del 1861, ai 6 696 del 1881, ai 6 846 del 1901. Si sviluppò tuttavia l’attività della concia delle pelli (sulla sinistra del Temo, negli edifici noti come sas Conzas), mentre le vecchie mura vennero abbattute e già alla metà del XIX secolo la città si ampliò verso il mare, secondo le indicazioni del piano d’ornato di Pietro Cadolini (1867). Il rinnovamento delle vecchie infrastrutture, come il ponte sul Temo (1871), e le nuove costruzioni, quali l’acquedotto (1877) e la rete fognaria, che posero rimedio all’ambiente insalubre della città, o la strada ferrata a scartamento ridotto per Macomer, segnarono un risveglio che soltanto dopo la grande guerra conobbe un sensibile rallentamento. La popolazione conobbe un’evoluzione relativamente modesta anche nel corso del Novecento (8 632 abitanti nel 1971, ma 7 935 nel 2001). Negli ultimi decenni Bosa ha potuto mantenere una fisionomia storica sconosciuta a molti altri centri della Sardegna. Oggi, in seguito all’apertura della litoranea per Alghero, la città è avviata verso un rilancio turistico, che rappresenta un’opportunità economica per gli abitanti. Nel maggio 2005, in attuazione della Legge Regionale di riforma delle circoscrizioni provinciali della Sardegna, il comune di Bosa è passato dalla Provincia di Nuoro alla Provincia di Oristano.
